Situata nel golfo di Napoli a poche decine di metri dalla foce del Sarno in località Rovigliano, al confine tra Castellammare di Stabia e Torre Annunziata, la sua struttura geologica è fatta di rocce sedimentarie, soprattutto di tipo calcareo formatesi presumibilmente in seguito allo scontro della placca africana con quella euroasiatica.
In antico l’isolotto era distante diverse miglia dalla costa, ma le eruzioni vesuviane e i detriti portati dal Sarno hanno fatto avanzare la linea di costa fino quasi a raggiungerlo.
Plinio il Vecchio già nel primo secolo d.C. nel XXXII libro della “Naturalis Historia” definisce l’isolotto situato in “Stabiano Campaniae”, “Petra Erculis”, la pietra d’Ercole. Infatti una leggenda lo lega direttamente ad Ercole. Essa narra che l’eroe di ritorno dalla Spagna, dopo aver effettuato la decima delle sue dodici fatiche, approdando in queste terre, dove fondò le città di Ercolano e Stabiae, staccò la cima del monte Faito, scagliandola in mare, dando così alla sua vetta la forma caratteristica del molare e creando nel golfo una nuova isola. Ed è proprio da questa leggenda che in molti pensano che in epoca romana vi fu costruito un tempio dedicato ad Ercole di cui rimane testimonianza in alcuni frammenti di muri in “opus reticulatum” risalenti al primo secolo d.C.
In seguito fu chiamato Pietra di Plinio, in quanto nella vicina Stabiae lo scrittore trovò la morte durante l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Il primo documento che testimonia l’attuale nome, scoglio di Rovigliano, risale all’epoca di Papa Innocenzo III, che in un documento scrive della località di “Rubellanium” (Rovigliano), come confine tra le diocesi di Napoli e Nola. Questo nome è di più difficile interpretazione e si presta a più teorie, infatti secondo gli archeologi poteva derivare o dal cognome di una antica famiglia romana, la “gens Rubilia” oppure dal console “Rubelio”, proprietario dello scoglio, o ancora dal termine latino “robilia”, ossia delle piante leguminose, simile alle cicerchie, che crescevano abbondanti nella zona dell’ager Stabianus.
Nei secoli immediatamente successivi alla fine dell’Impero Romano, quando Napoli era la capitale di un piccolo ducato autonomo, il tempio di Ercole fu sostituito da un monastero Benedettino dedicato a San Michele Arcangelo. Dopo alcuni secoli di abbandono, nel 1564 il Vicerè spagnolo Don Parafan De Ribeira Duca d’Alcalà fece costruire sullo scoglio una torre di avvistamento per contrastare le incursioni dei pirati saraceni, i quali solevano approvvigionarsi di acqua dolce alla foce del Sarno. L’isolotto assunse, quindi, una funzione militare che mantenne fino all’epoca borbonica, quando fu ulteriormente fortificato per assumere l’aspetto che conserva tutt’oggi. Con l’Unità d’Italia fu abbandonato e, così, condannato all’incuria e al degrado.
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