Situato nell’antico territorio dell’Ager Stabianus ed esattamente alla località “Monte de’ Monaci” nel comune di Sant’Antonio Abate, il fortilizio è collocato in posizione dominante sulla cittadina, ciò permette una vista panoramica del golfo se osserviamo verso Ovest, del Vesuvio verso Nord, ad Est, invece, l’Agro nocerino-sarnese e infine il profilo dei Monti Lattari a Sud.
Poco lontano troviamo il confine del comune di Lettere che si trova a Sud e il confine del comune di Angri situato ad Est. Intorno all’edificio si possono osservare coltivazioni di alberi da frutto e prodotti orticoli, che nonostante le diverse funzioni dell’edificio nei secoli i diversi proprietari ne hanno sempre tratto sostentamento.
Dalle fonti bibliografiche risulta essere costruito intorno all’XI secolo quando il territorio entra a far parte del Ducato di Amalfi. Questo edificio nacque come avamposto difensivo per un migliore controllo per i territori a valle e si allacciava alle altre strutture difensive, quali il castello di Lettere, il castello in località Pino a Pimonte e il castello di Gragnano in località Castello che, con l’ausilio di altre torri, permettevano di segnalare eventuali pericoli provenienti da Nord, per la città di Amalfi. Tali costruzioni vennero realizzate in località strategiche per il controllo dei valichi e dei passi che permettevano il raggiungimento del ducato dal versante Nord dei Monti Lattari.
Successivamente nel periodo longobardo entra a far parte del Feudo di Cancelleria, vengono operate opere di bonifica nel periodo angioino quando la struttura perviene in proprietà al signore di Capri Giacomo Arcuccio il quale la concede in dote ai Padri Certosini di Capri ed è in questo periodo che viene adibito a Convalescenziario dei monaci che risiedevano alla Certosa di San Giacomo di Pizzauto da qui il nome attuale della località “Monte de’ Monaci”.
In seguito alla legge napoleonica del 1807 che abolisce gli ordini e le corporazioni religiose acquisendone i beni, il fortilizio passa in mani private prendendo le caratteristiche tipiche delle masserie vesuviane.
Le diverse funzioni della struttura hanno avuto come conseguenza l’aggiunta di parti nuove all’edificio per l’adeguamento alle diverse destinazioni e che sono ben leggibili ad un’attenta analisi visiva. Partendo dalla facciata principale, si notano gli archi di quello che doveva essere il porticato, poi tamponato per ricavarne altri vani. Anche alcuni vani all’interno vennero tamponati per dividere le stalle dalle cantine nel piano terra e al piano superiore per la divisione della proprietà. Così come gli ambienti interni anche le torri circolari subirono modifiche negli anni. Le prime due furono adattate come ricovero per gli animali, magazzino per le attrezzature e servizi igienici, la terza, dopo una sopraelevazione, è parzialmente crollata negli anni ’90 del secolo scorso, la quarta, invece, possiede una scala in pietra vulcanica ben conservata. Alcune delle feritoie, che attestano l’iniziale destinazione difensiva, vennero adattate a finestre per una migliore illuminazione dell’interno. All’esterno invece troviamo una cisterna con pozzo, molto probabilmente risalente al periodo dei Monaci Certosini.
Oltre al crollo della torre avvenuta negli anni ’90 è da registrare il crollo che avvenne, in seguito al terremoto del 1980, del porticato Sud-Ovest, di cui sono ancora leggibili le tracce.
Negli anni recenti ne è stato rivalutato il grande interesse storico e culturale, tanto che la Sopraintendenza per i beni architettonici di Napoli ne ha dichiarato l’interesse storico ed etno-antropologico particolarmente importante, ai sensi del D.Lgs n.42 del 22/01/2004, a tutela dell’immobile.
Dopo anni di abbandono e degrado, finalmente l’attuale proprietario ha dato inizio ai lavori di restauro e risanamento conservativo dell’immobile, il cui progetto è stato approvato dalla Soprintendenza per i beni architettonici di Napoli e i lavori sono potuti iniziare diretti dallo Studio Mascolo di Sant’Antonio Abate e dalla ditta C.&D. Costruzioni srl.
Fonti:
D. Camardo – M. Notomista, Alle origini di Lettere, La Cattedrale ed il Borgo Medievale nell’area del Castello, Castellammare di Stabia 2008;
D. Camardo – P. Marzullo – M. Notomista, Il Castello di Lettere. La rocca il villaggio la cattedrale, Castellammare di Stabia 2020;
G. Sorrentino – F. Gargiulo, Il tracciato adrianeo del 121 d. C. da Nuceria a Stabias nel territorio di Sant’Antonio Abate epitome storico-archeologica, Gioiosa Jonica 2023;
G. Sorrentino – E. C. Marino, Sant’Antonio Abate e il suo territorio, Materdomini 1985;
G. Sorrentino – E. C. Marino, La Certosa di San Giacomo di Pizzauto e il Feudo di Cancelleria, rapporti con Gragnano – Lettere – Angri – Scafati, Materdomini 1990;
G. Sorrentino – E. C. Marino, Sant’Antonio Abate comune autonomo, 1999;
Arch. M. Mascolo- Ing.L. Mascolo, Relazione Paesaggistica 2014-Progetto di restauro approvato dalla Sopraintendenza.
Foto: Fioravante Gargiulo