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La grotta di San Catello sul Monte Faito

La dimora del Santo Stabiese

La prima volta che sono salito alla grotta di San Catello avevo 17 anni. Non ricordo la motivazione che ci spinse a salire sul Faito, cima più alta dei Monti Lattari, forse era un giorno di festa o forse volevamo trascorrere una giornata diversa. Dopo pranzo un mio amico propone l’escursione alla grotta, mentre tutti declinano l’invito perché preferiscono riposare in macchina, io spinto dalla curiosità accetto.

Così ci incamminiamo e dopo un po’ di  tempo, non ricordo bene quanto, ci troviamo alla grotta. Vista la difficoltà per entrare al suo interno decido, a mio malgrado, di aspettarlo all’esterno. Fortunatamente dopo qualche anno, grazie ad un campo scuola proprio sul Faito, ho avuto la possibilità di entrarci.

Ciò che mi spinse a rifiutare la prima volta fu la difficoltà reale nell’entrare al suo interno, infatti bisogna abbandonare il sentiero e attraversare uno stretto passaggio avendo il vuoto alla tua sinistra, l’unica protezione è un cavo d’acciaio fissato alla parete rocciosa dove ci si può tenere.

La grotta di San Catello a 1278 m. s.l.m. è raggiungibile tramite un percorso a carattere agevole e turistico con punti panoramici sul golfo di Napoli, si snoda sui sentieri alberati, larghi e ben marcati che attraversano l’antica faggeta del Faito, una difficoltà è data dal sentiero non segnato e dalla posizione ben nascosta della grotta e via d’accesso non è evidenziata, pertanto non raggiungibile da escursionisti inesperti e disinformati.

Lungo il percorso la vegetazione in cui ci imbattiamo sono: l’Agrifoglio, Scilla silvestre, Ciclamino; presenti anche piante rare: le Sassifraghe, la Viola salernitana, il Caprifoglio di Stabia, lo Zafferano d’Imperato.

Il legame tra il Santo e la grotta avviene tra il VI secolo d.C. e il VII secolo d.C. quando il primo desideroso di una vita contemplativa decide di ritirarsi sul Monte Aureo (Faito), affidando la diocesi di Stabia a Sant’Antonino suo amico. Dopo un periodo di reggenza anche Sant’Antonino decide di ritirarsi sul Monte e ai due apparve l’Arcangelo Michele che gli chiese di costruire una chiesa in quel posto da dove si dominava il golfo e si ammirava il Vesuvio. Una leggenda narra che l’Arcangelo scacciò Satana dai dirupi del picco mentre tentava i due santi: il demone nel fuggire urtò contro una roccia calcarea lasciando la propria impronta. Da qui il nome del luogo “ciampa del diavolo“.

In seguito San Catello fu colpito da calunnie (forse i vescovi o i sacerdoti di diocesi vicine), fu imprigionato per un breve periodo a Roma, finché Papa Gregorio I, a cui aveva predetto il pontificato, non gli riaffidò la diocesi di Stabia: tornò trionfante in città, accolto dall’amico Antonino, poi divenuto abate in Sorrento.

Fonti:
Wikipedia
www.liberoricercatore.it
www.sanmichelealfaito.it
www.gdangelo.it
www.santiebeati.it

Fioravante Gargiulo
Dopo aver conseguito il diploma come Ragioniere-Perito Commerciale, ho seguito la passione per l'archeologia conseguendo nel 2015 la Laurea Magistrale in Archeologia con la votazione di 109/110. Sono socio dell'Associazione Culturale "CamCampania" che organizza visite guidate, eventi e laboratori didattici e ha come fine la promozione culturale e turistica del territorio in cui risiedo. Con essa collaboro anche come redattore per la rivista "CamCampania Magazine". Nel mese di maggio del 2018 sono stato iscritto all'albo delle guide turistiche della Sardegna e nel mese di luglio del 2018 a quello dei Giornalisti della Campania (Elenco Pubblicisti). L'anno seguente, nel mese di marzo 2019, ho superato la selezione per accedere al corso IFTS (Regione Campania) come tecnico superiore per la promozione di prodotti e servizi turistici, concludendolo nel mese di dicembre con la votazione di 100/100. Le passioni che coltivo sono: la fotografia, il trekking e il nuoto. Dall'agosto 2020 sono iscritto nelle GPS per l'insegnamento (A021 e A054).
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